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Internazionale dei Forums
Scuola di psicoanalisi dei Forums del Campo lacaniano

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« Il desiderio di psicoanalisi »

V° Incontro Internationale di Scuola

« Legami e slegature secondo la clinica psicoanalitica »

IX° Rendez-vous dell' IF-EPFCL


14-17 luglio 2016
Medellín, Colombia

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Presentazione

La questione dei legami sociali si pone in maniera acuta in quello che Jacques Lacan ha chiamato, nel 1970, «il campo lacaniano» come campo del godimento, e oggigiorno è dappertutto giacché questo campo è dappertutto. I legami che saldano la coppia, la famiglia o il mondo del lavoro sono divenuti così precari che la questione di ciò che li disfa è sulle labbra di tutti. Colpa del capitalismo, si dice, persino della scienza che lo condiziona.

Tuttavia è nella psicoanalisi che la questione è sorta all’inizio del secolo scorso quando, Freud, nell’atto stesso di interrogarsi sulla «psicologia collettiva», non ha potuto fare a meno, nel seguire la parola analizzante, di rianimare l’antica coppia di Eros, il dio del legame, e di Thanatos, la potenza «demoniaca» che dissocia. Raggiungeva così attraverso la clinica dell’intimità le questioni che impazzano nella società del capitalismo, mostrando per tale via, come ha formulato Lacan, che «il collettivo non è altro che il soggetto dell’individuale»[1]. Da allora, la psicoanalisi ha da dire la sua sull’uno e l’altro poiché la stessa questione si pone ad essi: che cosa mai avvicina invisibilmente i corpi, abbastanza perché da sempre abbiano fatto coppia e società, e cosa mai è la potenza disgregante? Quella potenza riconosciuta da Freud, Lacan l’ha chiamata godimento. Essa fa il tratto sostanziale del campo lacaniano che non è solo quello del desiderio ma quello degli «eventi» di godimenti di corpo, ovunque si producano. Ora, il godimento non è legante, è sempre di uno solo, che sia nella ripetizione, il sintomo o persino… l’atto sessuale.

Il tema dei legami sociali ci invita dunque a percorrere il campo del sociale come pure dell’«uno per uno», e innanzitutto in funzione degli strumenti forgiati dalla psicoanalisi per pensare il soggetto dell’inconscio.

I. Linguaggio, discorso, nodo borromeo ne sono i tre termini capitali

Attraverso di essi Lacan ha tentato di ripensare e di riordinare tutta la clinica freudiana di ciò che lega e ciò che slega.

1. Freud ne ha dato le prime parole d’ordine: pulsione, libido, narcisismo, ripetizione, pulsione di morte, senza dimenticare le identificazioni corrispondenti attraverso le quali i parlanti socializzano. Queste radici freudiane sono da riesplorare.

2. Lacan le ha dapprima rimaneggiate a partire dalla catena del linguaggio, quelle che ha chiamato le «lacunari aggregazioni dell’Eros del simbolo»[2] attraverso domanda e desiderio. Poi a partire dalla struttura di discorso. Quest’ultima ordina posti distinti che assicurano i legami sociali in mancanza dell’ordine sessuale che non c’è. Infine, ha fatto ricorso al nodo borromeo delle tre consistenze proprie del parlante, che sono immaginario, simbolico e reale, i cui nodi non vanno senza l’evenemenziale del dire, per rendere conto al contempo di quel che ha chiamato all’occorrenza il «soggetto reale», e dei suoi possibili legami sociali. A ognuno di questi passi, è l’insieme del corpus clinico freudiano a essere rimesso in cantiere, attestando che, qui come altrove, una teoria è responsabile dei fatti che permette di stabilire, i quali, di ritorno, la soddisfano. Dimostrazione che è sempre da ricominciare.

II. Il legame sociale in questione

1. La sua definizione in psicoanalisi comincia con la psicologia collettiva di Freud e va sino alla struttura dei discorsi di Lacan. Per Freud, in tutti i casi, è la libido –amore e desiderio inclusi– e le diverse identificazioni che essa determina, ad assicurare i legami. Ma vi sono parecchi tipi di legami, e l’ordine che essi stabiliscono tra gli individui, è sempre un ordine dei godimenti perché «non c’è discorso (…) se non del godimento»[3]. Donde l’incidenza politica : senza la regolazione dei godimenti assicurata dai discorsi, non vi è società possibile, e tutta la questione sta nel sapere come questa regolazione si instaura in ogni individuo. È su tale punto che il capitalismo lancia la sua sfida.

2. Senza parlare del miseria che genera, non vi è più alcun dubbio che degradi i legami sociali stabiliti, generando solitudine e precarietà perché ormai l’individuo è il residuo ultimo di questa degradazione. È risaputo, ma occorre anche dire come, attraverso quale astuzia, e quali sono i limiti possibili della sua devastazione. Eros sarebbe un possibile ricorso?

III. Clinica della coppia

La questione riguarda le coppie dell’amore dentro e fuori dalla psicoanalisi.

1. Si vorrebbe che di due l’amore facesse uno, ma gli amori umani hanno un destino segnato, come attesta un’esperienza ancestrale, che va dal rapimento alla disperazione o al disincanto. Lacan ne ha segnato i limiti mediante lo scarto delle due formule: «sei mia moglie» nel 1953 e «uccidere mia moglie» nel 1973[4]. Si tratterebbe di mostrare ciò che è all’opera qui, e nello specifico di ogni caso, per rompere il dialogo atteso come pure l’incontro dei corpi ? È tutto il problema del reale in gioco nell’amore con la questione di sapere ciò che esso diventa dopo un’analisi.

2. E poi vi è il transfert analitico che introduce del nuovo nell’amore, una sovversione[5], che «costituisce una promessa»[6] certo, ma quale? Le peripezie degli amori di transfert scoperte da Freud non perdono mai di attualità, dispiegandosi tra eternizzazione, rotture e reiterazione. Quid est della loro soluzione? Le formule si moltiplicano: liquidazione, faglia intravista, caduta, ma è qui la fine del transfert, alla fine stessa dell’analisi? Anche qui, solo i casi particolari possono istruire.

Colette Soler, 22 dicembre 2014

Traduzione: Grazia Tamburini, Diego Mautino

  • [1] Scritti, Einaudi, Torino, 1974 e 2002, p. 207.
  • [2] Scritti, cit., p. 314.
  • [3] Il rovescio della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 2011, p. 93.
  • [4] «Tu es ma femme» e «tuer ma femme» in francese sono omofone: «tu es» significa «tu sei», «tuer» significa «uccidere». [NdT]
  • [5] «Introduzione alla edizione tedesca degli Scritti», in Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 550.
  • [6] «Televisione», in Altri scritti, cit., p. 525.

« Il desiderio di psicoanalisi, da dove viene? »

Si avvicina l’IX Rendez-vous dell’Internazionale dei Forums del Campo Lacaniano. I lavori di questo Rendez-vous che ha per tema « Legami e slegature secondo la clinica psicoanalitica», saranno preceduti dal V Incontro Internazionale della Scuola di Psicoanalisi dei Forums del Campo Lacaniano.

Quest’ultimo, organizzato dal CAOE, si terrà il 14 luglio 2016. Collège d’animation et d’orientation de l’école (CAOE) : LOMBARDI Gabriel, MAIOCCHI Maria Teresa, DE LA OLIVA Maria Luisa, SOLER Colette.

Il CAOE, in stressa collaborazione con il CIG e con gli altri dispositivi di Scuola si eta dedicando fin d’ora all’organizzazione dei lavori sul tema.

Colette Soler, Buenos Ayres, 21 aprile 2015

Mio scopo, con questo titolo, è riflettere sul posto della passe nella Scuola e sugli effetti di questo posto. Passe e Scuola in effetti sono solidali, ma distinte.

Della passe Lacan ha indicato la finalità, da lui la riprendiamo: vi è interrogato il desiderio dell’analista ed essa, secondo i termini stessi di Lacan, ha di mira la garanzia dell’analista. Essa chiama dunque in causa colleghi che necessariamente hanno una lunga esperienza dell’analisi, passanti o passeurs che siano.

Altra cosa è la Scuola; essa è per tutti quanti i suoi membri, è anche per quelli che non praticano, se ve ne fossero, e per quelli che lavorano in istituzione e così pure per gli analizzanti che alla psicoanalisi ci stanno arrivando appena senza ancora avere idea di dove essa li potrà condurre. La Scuola li riguarda tutti quanti, poichè quel che il lavoro di Scuola deve mettere in cantiere è la psicoanalisi come tale, in tutti i suoi aspetti, al fine di causare… il desiderio di psicoanalisi. La passe potrà certamente avere delle ricadute che sono per tutti, a condizione che il discorso che teniamo a partire dal dispositivo non sia esclusivamente focalizzato sul dispositivo, su quel che vi passa o non passa, etc., poichè così facendo ci si dimentica di parlare all’insieme dei membri della Scuola.

L’espressione ‘desiderio di psicoanalisi’ ha fatto sorpresa, e questa sorpresa a sua volta ha sorpreso me. Mi dispongo dunque ad argomentarla. Da dove la sorpresa sia venuta lo capisco, e del resto era anche più di una sorpresa, più che « une bévue, una svista » di lettura, era dovuta al fatto che nel nostro vocabolario il termine pregnante è « desiderio dell’analista », e così – Gabriel Lombardi l’ha appena ricordato- sul titolo c’è stata méprise, mispresa. Si è letto male, si è ripetutamente letto «desiderio dell’analista» !

Il desiderio di psicoanalisi tuttavia non è poi tanto misterioso, il desiderio di psicoanalisi non designa altro che il transfert per la psicoanalisi, cioè fondamentalmente, e lasciando da parte gli affetti, una relazione al soggetto supposto sapere della psicoanalisi. Dacchè essa esiste, questo transfert precede, in modo molto generale, il fatto stesso di rivolgersi a un analista. E’ vero che non è sempre così. A volte si incontrano anche dei soggetti per i quali questo caso non vale, specialmente nelle istituzioni, ma non è certo la cosa più frequente.

D’altra parte, gli psicoanalisti d’oggi non si lamentano proprio della mancanza di un transfert preliminare, nel deplorare che la supposizione di sapere si stia spostando sulla neurobiologia e specialmente su certe ricadute ideologiche. Di che mai si parla infatti quando si sostiene, per esempio, che la cultura anglosassone è resistente all’analisi, se non esattamente che di transfert per la psicoanalisi ce n’è di meno che nei paesi di lingua romanza?

L’espressione desiderio dell’analista, è peraltro essa stessa equivoca : nel senso soggettivo del ‘di’, del genitivo, si tratta del desiderio che anima uno psicoanalista, il desiderio che spinge qualcuno ad assumere la funzione di analista : mentre nel senso oggettivo è il desiderio che d’analista ce ne sia, il che è dal lato analizzante, e lo si percepisce nella forma di quell’attesa particolare che è la ‘domanda di interpretazione’.

Sottolineo ancora che quando Lacan, se è a lui che vogliamo riferirci, introduce per la prima volta l’espressione ‘desiderio dell’analista’, non lo dà per soggettivo, non designa colui che dà anima all’analista, quanto piuttosto -prima occorrenza- una necessità strutturale della relazione di transfert, la necessità di causare il desiderio dell’analizzante come ‘desiderio dell’Altro’, che la domanda d’amore ricopre.

C’è dunque una questione: questo ‘desiderio di psicoanalisi’, da dove viene?

Diamo uno sguardo alla storia. Ad averlo generato è Freud, e volentieri direi che lo ha generato ex nihilo. Si possono senz’altro sviluppare le condizioni storiche, culturali quanto soggettive, dell’apparire di Freud, aprendo così il capitolo di quel che Lacan su tali condizioni ha formulato. Ma quali che esse siano, la causa del transfert per la psicoanalisi è il dire di Freud. E’ l’avvenimento Freud che ha fatto esistere un desiderio di psicoanalisi. Dire avvenimento significa designare un’emergenza e una contingenza.

Lacan è riuscito a rilanciare, è sicuro, un transfert nuovo per la psicoanalisi, che con grande evidenza si traduce, in una presenza nuova o rinnovata della psicoanalisi nel momento in cui il suo insegnamento va in giro per il mondo. Per Lacan non si trattava tuttavia di un ex nihilo. E lo ha fatto fin dall’inizio facendo tenere i punti fermi della pratica freudiana al di là della cosiddetta « resistenza » del paziente e dell’impasse finale del rifiuto della castrazione.

Bastano questi due esempi per poter affermare che il desiderio della psicoanalisi dipende in gran parte dagli psicoanalisti.

D’altronde l’amore di transfert secondo Lacan non è cosa nuova, se non perchè esso si dà « un partner che ha chance di rispondere »[1]. Se questo partner fa difetto, è la fine del transfert, che a quel punto si sposta altrove. Freud si è fatto avanti come un partner che rispondeva, e Lacan -la cosa mi ha sempre colpito- si è annunciato come chi avrebbe di nuovo risposto proprio dove Freud aveva dato forfait, e con lui i post-freudiani, e lo ha annunciato prima ancora d’averlo fatto. Così facendo, in quelli che lo ascoltavano ha fatto nascere l’attesa della sua risposta, e così nel ’73 dirà : « Rimetto in gioco la buona ora, la buona ventura, le bon heur, tranne che questa volta è da me che la chance viene e tocca a me doverla fornire. »[2]

Questione, dunque : in che modo gli analisti di oggi possono continuare ad «aver chance di rispondere» ?

  • [1] J. Lacan, Introduzione all’edizione tedesca di un primo volume degli Scritti (1973), in Altri scritti, Torino, Einaudi, p. 550.
  • [2] Ivi

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  • Commissione d’organizzazione : Clara Cecilia Mesa
  • Tesoriere : Jorge Escobar

 

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